Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. (Gv 19, 25-27)
Il messaggio della croce comprende alcune parole supreme di amore, che Gesù rivolge a sua madre e al discepolo prediletto Giovanni, presenti al suo supplizio sul Calvario.
Ecco, san Giovanni nel suo Vangelo ricorda che “stava presso la croce di Gesù sua madre” (Gv 19, 25). Era la presenza di una donna - ormai vedova da anni, come tutto fa pensare - che stava per perdere anche suo figlio. Tutte le fibre del suo essere erano scosse da ciò che aveva visto nei giorni culminanti nella passione, da ciò che sentiva e presentiva, ora, accanto al patibolo. Come impedirle di soffrire e di piangere? La tradizione cristiana ha percepito la drammatica esperienza di quella donna piena di dignità e di decoro, ma col cuore affranto, e ha sostato a contemplarla con intima partecipazione al suo dolore:
“Stabat mater dolorosa
iuxta crucem lacrimosa
dum pendebat filius”.
Gesù, che vede sua madre accanto alla croce, la ripensa sulla scia dei ricordi di Nazaret, di Cana, di Gerusalemme; forse rivive i momenti del transito di Giuseppe, e poi del suo distacco da lei, e della solitudine nella quale è vissuta negli ultimi anni, una solitudine che ora sta per accentuarsi. Maria, a sua volta, considera tutte le cose che per anni e anni “ha conservato nel suo cuore” (cf. Lc 2, 19. 51), e adesso più che mai le comprende in ordine alla croce. Il dolore e la fede si fondono nella sua anima. Ed ecco, ad un tratto s’avvede che dall’alto della croce Gesù la guarda e le parla.
“Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio»” (Gv 19, 26). È un atto di tenerezza e di pietà filiale. Gesù non vuole che sua madre resti sola. Al suo posto le lascia come figlio il discepolo che Maria conosce come il prediletto. Gesù affida così a Maria una nuova maternità, e le chiede di trattare Giovanni come suo figlio. Ma quella solennità dell’affidamento (“Donna, ecco il tuo figlio”), quel suo collocarsi al cuore stesso del dramma della croce, quella sobrietà ed essenzialità di parole che si direbbero proprie di una formula quasi sacramentale, fanno pensare che, al di sopra delle relazioni familiari, il fatto vada considerato nella prospettiva dell’opera della salvezza, dove la donna-Maria è stata impegnata col Figlio dell’uomo nella missione redentrice. A conclusione di quell’opera, Gesù chiede a Maria di accettare definitivamente l’offerta che egli fa di se stesso quale vittima di espiazione, considerando ormai Giovanni come suo figlio. È a prezzo del suo sacrificio materno che essa riceve quella nuova maternità.